Con la sentenza n. 17024 del 20 maggio 2015, pubblicata lo scorso agosto, la Corte di Cassazione ha rilevato il carattere di vessatorietà di alcune clausole generalmente imposte dalle compagnie assicuratrici a chi stipula un’assicurazione sulla vita per contrasto con le norme a tutela dei consumatori.
Nel caso di specie, la Corte ha valutato come “un cocktail giugulatorio ed opprimente per il beneficiario” le seguenti condizioni generali, alla cui realizzazione è subordinato il pagamento dell’indennizzo:
- clausola secondo cui il beneficiario della polizza vita debba richiedere l’indennizzo per mezzo di un modulo appositamente predisposto dall’assicuratore (in quanto contraria al principio di libertà delle forme in materia di obbligazioni);
- clausola secondo cui la domanda di indennizzo da parte del beneficiario debba essere inoltrata all’agenzia di competenza (in quanto viola la libertà personale e di movimento del beneficiario);
- clausola che prevede una relazione medica sulla morte del portatore di rischio (in quanto pone in capo al beneficiario l’onere di documentare le cause del sinistro, onere che spetta all’assicuratore nell’assicurazione della vita);
- clausola secondo cui, se richiesto, sia necessario fornire le cartelle cliniche dei ricoveri della persona decaduta (in quanto onere non irrilevante per il beneficiario e di difficile assolvimento per lo stesso: ad esempio, le strutture ospedaliere potrebbero opporre un rifiuto giustificato dalla tutela della riservatezza);
- clausola che prevede la produzione dell’atto di successione e dell’originale della polizza (in quanto irrilevanti perché il beneficio di cui il beneficiario della polizza reclama il diritto non è ereditario e l’originale della polizza è in realtà già posseduta dall’assicurazione che, per evitare pagamenti ad un’erronea persona, può limitarsi a verificare l’identità del richiedente).
Secondo la Suprema Corte tutte queste previsioni, ciascuna delle quali già di per sé gravosa, comportano solo eccessivi oneri, economici e non, per il beneficiario, senza che sia rinvenibile alcun reale vantaggio per l’assicuratore, che non sia quello di frapporre formalistici ostacoli al pagamento dell’indennizzo.
Rileviamo tuttavia che, sebbene alcune delle clausole ivi elencate appaiano effettivamente non giustificabili e/o eccessivamente squilibrate a favore dell’assicuratore, altre invece sembrano essere state mal valutate troppo superficialmente, considerando sia la loro relativa infrequenza all’interno die testi contrattuali, e sia la circostanza che, se inserite in un altro contesto, potrebbero non risultare affatto vessatorie (come per esempio la clausola con cui si richiede di fornire una relazione clinica sulla morte dell’assicurato o le cartelle cliniche dei ricoveri).